Nessuna
banca italiana fallirà
Carlo
Pelanda (30-9-2008)
L’acuirsi
della tempesta finanziaria, anche per la difficoltà che incontra il piano di
salvataggio finanziario in America, mette le banche italiane a rischio di
fallimento? Assolutamente no. Per due motivi: (a) la dottrina
europea ed italiana della
stabilità, pur informale, non ammette fallimenti di istituti bancari, grandi o
piccoli che siano, ed impone a Stati e Banca centrale europea di salvarli
direttamente o indirettamente; (b) le banche italiane, per lo meno quelle di
dimensioni rilevanti, non sembrano avere perdite di bilancio superiori ai mezzi
propri e quindi non sono in condizioni prefallimentari.
Stabiliti questi punti, certo il primo e molto probabile il secondo, per quali
motivi il mercato azionario ha trattato alcuni istituti come se fossero sull’orlo
del baratro, Unicredit in particolare?
La Federal Reserve,
in America, ha fatto un errore grave nel lasciar
fallire la banca di investimento Lehman Brothers. Il mercato globale ha
ricevuto il messaggio che un grande istituto può essere lasciato fallire.
Inoltre ha visto la possibilità di un nuovo buco nei bilanci degli
istituti finanziari equivalente a 600 miliardi di dollari di crediti erogati alla megabanca di investimento fallita
e su cui pesa un grave rischio di insolvenza. Sul lato del sistema bancario globale, gli istituti hanno fatto mesi fa un loro proprio
errore: non si sono ricapitalizzati in misura adeguata ai possibili problemi e
quindi si sono trovati vulnerabili nella continuazione della crisi finanziaria,
cioè di congelamento del credito. Le due cose messe insieme hanno creato
incertezza sul fatto che il “prestatore di ultima
istanza” intervenga per tutti, comunque e dovunque, combinata con la sensazione
che molti istituti fossero ai margini della sostenibilità finanziaria. Infatti Wachowia, in America, e Fortis, in Europa, hanno dovuto essere salvate per evitare
che la loro condizione vicino ai limiti si trasformasse in traiettoria di
fallimento. Negli ultimi giorni i dubbi, poi confermati ieri, sulla conferma di
un veloce piano di salvataggio che pulisse i bilanci
delle banche americane e nel resto del mondo dai prodotti finanziari incerti,
ha peggiorato ambedue le incertezze. In questo clima il mercato ha rilevato che
Unicredit aveva comunicato due cose opposte: prima,
che non aveva valori marciti nei suoi bilanci e poi che stava negoziando con un
istituto statunitense la costruzione di una società dove collocare i prodotti
finanziari illiquidi, bilanciati da altri meglio quotati,
per ben un miliardo e mezzo di euro. Tale notizia ha
fatto percepire al mercato, a ragione o torto, che Unicredit
stesse nascondendo guai maggiori e ha bastonato l’istituto. L’incertezza di fondo sta colpendo le quotazioni di quegli istituti che
non si sono ricapitalizzati a sufficienza o i cui manager sono sospettabili di
opacità. Ma, nonostante la bastonata, il mercato non
sta scontando il loro fallimento quindi restiamo calmi ed ottimisti.
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